La Pinacoteca Nazionale di
Bologna è uno dei più importanti musei dell'Emilia Romagna. Due sono le sedi: il Complesso di Sant'Ignazio e Palazzo Pepoli Campogrande, nelle quali sono
custodite opere dal XIII al XVIII secolo, che offrono un'ampia panoramica principalmente sulla
pittura emiliana.
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"MADONNA COL BAMBINO", CIMA DA CONEGLIANO, PARTICOLARE |
La Pinacoteca, assieme all'Accademia di Belle Arti, è ospitata
negli spazi dell'ex noviziato gesuitico e chiesa di Sant'Ignazio, costruiti tra il 1728 e il 1735 su progetto
dell'architetto bolognese Alfonso Torreggiani. Dopo l'ingresso delle truppe
napoleoniche a Bologna, nel 1796, e la soppressione degli ordini religiosi,
l'Accademia Clementina, con il nuovo nome di Accademia di Belle Arti, iniziò a
raccogliere numerosi beni provenienti dagli enti soppressi; la necessità di
spazi più ampi portò nel 1803 al trasferimento da Palazzo Poggi, divenuto sede
dell'Università, al vicino complesso di Sant'Ignazio.
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COMPLESSO DI SANT'IGNAZIO, COLONNATO |
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INGRESSO DELLA PINACOTECA |
Nel vano dello scalone da cui si accede alle sale espositive,
frutto della sistemazione dell'edificio, in origine si
trovava la cappella del convento. A ricordare l'originaria destinazione
dell'ambiente sulla volta del soffitto è ancora visibile l'affresco
raffigurante la Gloria di sant'Ignazio, il santo fondatore dei Gesuiti, del pittore gesuita Giuseppe Barbieri, seguace di Andrea
Pozzo, che realizzò un'opera omonima a Roma.
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GLORIA DI SANT'IGNAZIO, GIUSEPPE BARBIERI |
Il Museo nacque nel 1808
come quadreria dell'Accademia di Belle Arti. L'antico nucleo,
proveniente dall'Istituto delle Scienze, viene arricchito dalla straordinaria
raccolta di quasi mille dipinti frutto delle soppressioni di chiese e conventi
compiute dopo l'ingresso delle truppe napoleoniche a Bologna, tra il 1797 e il
1810. La Pinacoteca conobbe per tutto l'Ottocento un forte incremento di sale e
di opere: frutto delle soppressioni del 1866 attuate dal nuovo stato italiano,
ma anche di lasciti e acquisizioni. I maggiori incrementi spaziali si ebbero
nel 1914-1920, con l'aggiunta del Corridoio che conduce alla grande sala
ottagonale e nel secondo dopoguerra con la costruzione del Salone del
Rinascimento.
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INTERNO DELLA PINACOTECA |
L'itinerario di visita si snoda a partire dalle ricche
testimonianze del Trecento bolognese, con opere dello Pseudo Jacopino, di
Vitale da Bologna e di Simone dei Crocefissi, senza dimenticare la significativa presenza
del polittico di Giotto. Il Rinascimento è testimoniato dai ferraresi
Francesco del Cossa con la Pala dei Mercanti ed Ercole Roberti col piccolo
frammento della cappella Garganelli in S. Pietro e dal bolognese Francesco
Francia, con numerose pale d'altare. Procedendo dal capolavoro dell'Estasi di
santa Cecilia dipinto per Bologna da Raffaello, il percorso giunge, dopo le
opere di Parmigianino (la cosiddetta Pala di S. Margherita), alla riforma di fine Cinquecento, testimoniata dalla folta produzione dei
Carracci. Seguono poi i capisaldi del Seicento
emiliano con opere di Guido Reni, fra i cui capolavori vanno segnalati la Strage degli innocenti, con le tre
straordinarie pale di Domenichino raffiguranti Il martirio di sant'Agnese, la Madonna del Rosario e il San Pietro martire. L'itinerario si
conclude col Settecento multiforme, volta a volta aristocratico e popolare, di Giuseppe Maria Crespi, di
Donato Creti e dei fratelli Gaetano e Ubaldo
Gandolfi.
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SAN GIORGIO E IL DRAGO, VITALE DA BOLOGNA |
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POLITTICO DI BOLOGNA, GIOTTO |
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MADONNA COL BAMBINO, CIMA DA CONEGLIANO |
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MADONNA IN GLORIA E SANTI, PERUGINO |
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ESTASI DI SANTA CECILIA, RAFFAELLO |
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GESÙ CRISTO E IL BUON LADRONE, TIZIANO |
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MADONNA DI SANTA MARGHERITA, PARMIGIANINO |
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ULTIMA CENA, EL GRECO |
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CRISTO INCORONATO DI SPINE, ANNIBALE CARRACCI |
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STRAGE DEGLI INNOCENTI, GUIDO RENI |
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MARTIRIO DI SAN PIETRO DA VERONA, DOMENICHINO |
Sede distaccata della Pinacoteca Nazionale, è noto anche con il
nome di Palazzo Pepoli "Nuovo", per
distinguerlo dal "Vecchio", la dimora trecentesca della famiglia Pepoli
collocata sul lato opposto di via Castiglione. Costruito a partire dagli anni
sessanta del XVII secolo per volere di Odoardo Pepoli, il nuovo palazzo fu
pensato come una residenza signorile, moderna e sfarzosa, adeguata a rappresentare
il prestigio sociale raggiunto dai Pepoli che, prima commercianti di stoffe e
in seguito cambiavalute e banchieri, si erano notevolmente arricchiti fino a
diventare una delle famiglie senatorie più in vista di Bologna.
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INGRESSO DI PALAZZO PEPOLI CAMPOGRANDE |
La costruzione del palazzo, di cui non è noto il nome del
progettista, iniziò dal monumentale scalone, imponente ed elegante, spazio
scenografico funzionale al cerimoniale che caratterizzava la società
aristocratica barocca e che collega direttamente il cortile al salone d'onore.
Sulla volta dello scalone, all'interno di ricche cornici di stucco, si possono
ammirare i due ovali affrescati da Domenico Maria Canuti nel 1665 che
raffigurano Taddeo Pepoli nominato signore di Bologna e Taddeo Pepoli
confermato vicario apostolico dal papa.
Il piano nobile, donato da Edvige Campogrande al Comune di Bologna
e ora gestito dal Polo Museale dell'Emilia Romagna, ospita una serie di sale
splendidamente affrescate dai principali protagonisti della grande decorazione
bolognese tra la seconda metà del Seicento e gli inizi del secolo successivo:
si va dal Salone d'onore con la
trionfale Apoteosi
di Ercole di Domenico Maria Canuti, alla Sala di Felsina, con le
pitture composte e aggraziate dei fratelli Rolli; dalle Sale delle Stagioni e
dell'Olimpo, dove
l'irriverente Giuseppe Maria Crespi contamina la decorazione celebrativa con i
modi della pittura di genere, all'elegante classicismo della Sala di Alessandro di
Donato Creti.
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APOTEOSI DI ERCOLE, DOMENICO MARIA CANUTI |
I visitatori nel 2017 sono stati oltre 66.000 e con un
crescente interesse per la città di Bologna grazie anche a nuove strategie culturali volte a stimolare l'interesse ai musei del capoluogo emiliano.
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